"Wo aber Gefahr ist, wächst das Rettende auch / Dove c'è pericolo cresce anche ciò che salva". Forse sta tutto qui, in queste rare parole di Hölderlin, il senso di questo lavoro. Le parole qui dette sono le parole del pericolo - del sommo pericolo che mantiene inquieta la coscienza. È la natura che parla dicendo la sua totale estraneità alla coscienza: la mancanza di ogni nesso intenzionale, il naufragio di ogni provvidenza. Parla la natura - parla e dice il suo mutismo; ascolta manifestando la sua sordità. Si rivolge ai suoi figli solo per ricordare la loro solitudine di fronte alla violenza che hanno ognora di fronte e di cui pur sono parte. È l'orizzonte della violenza - dell'inesorabile nascere e perire di tutte le cose - ciò che fa da sfondo alle parole della natura, le quali nient'altro dicono se non che nulla o nessuno giungerà a redimere questo orizzonte stesso. Violenza, povertà, solitudine, caso: queste le parole del pericolo. E queste, anche, le parole che dicono nella maniera più cruda la condizione fondamentale in cui ogni essere umano nasce - senza distinzioni: ogni distinzione è già successiva, umana troppo umana. Ma non è tutto. Abbiamo espresso il pericolo - rimane da esprimere ciò che salva. Siamo figli senza madre, abbandonati a prender parte a questa violenza cosmica: ogni volontà è già un'imposizione. Abbandonati senza la speranza che ciò che accade abbia una direzione, un senso dato da principio. Senza una provvidenza a darci sostegno. Ma che non ci sia una provvidenza; che la direzione degli eventi rimanga aperta ad un'infinità di possibili soluzioni - ciò significa unicamente che è possibile metter mano a questa direzione e guidarla, orientarla a partire da noi. È solo qui, nell'oltrepassamento di ogni provvidenza e nella solitudine più drammatica, che si apre autenticamente l'orizzonte della libertà - con la sua bellezza ma anche con la sua tremenda responsabilità. Prender posizione nei confronti degli eventi e dei conflitti, progettare una loro soluzione alternativa, un loro cambiamento: questo è il dono della pur violenta natura al figlio di Adamo. Ed ecco crescere, col pericolo, ciò che salva: la nostra autonomia, la nostra libertà. La libertà di riconoscere il conflitto alla base di ogni relazione umana - e, oltre, la libertà di porvi rimedio, di avvicinarsi all'altro incontrando la sua prospettiva. In uno: la libertà di creare una comunità autentica. Solo è l'uomo che prega il suo dio, rivolgendosi ad un orecchio che forse lo ascolta - o forse no. Meno solo - e, forse, salvato - sarà l'uomo che prega il suo dio accanto all'altro, ascoltando la preghiera dell'altro.
Domenico Andrea Virgallita