Metropolitana quadri di città

Una nuvola di polvere soffoca
questi alberi che mille volte
avrei voluto essere, questi metalli
gia` freddi, questi moscerini
pazzi per la frutta:
Nuvola, invadi la citta`, soffocala,
rivestila di minuscoli grani
color del setter irlandese
color pelliccia selvatica
e da sotto smuovila con le radici
che scalzano i lastroni, le erbe
che sollevano marciapiedi smuovono
macadam come rimboccassero coperte

Ermanno Krumm

Senza piu` tracce di te sulla corteccia
degli alberi al parco nel recinto riservato
ai cani al guinzaglio, ora parlo
con la tua ombra e le mani si contraggono
sul telecomando. Una volta sei arrivata
con una stola di volpe argentata: camminavi
al mio fianco, stringendo un libro
con una cripta in copertina. Sembrava
l’ultima occhiata a un reliquiario. Fuori,
la pioggia irrita l’orizzonte dipinto
da un fanale. Voci e rumori si mischiano
al respiro, si scende dai marciapiedi
che sembrano sponde d’un lago campestre.

Sebastiano Grasso

 Su un paesaggio di Milena Barberis

Nelle figurine della storia mondiale
si descriveva il primo Novecento
Li` mi assorbiva, non so come, un vuoto
Nero, tra epica e dolore:
nel gran lavoro di scintille
in un sollievo di chiarore.
Come l’odore di carburo e le unghie nere
quelle cascate di stelle erano sue;
cosi` la maschera, l’orgoglio, la rovina,
o un rotolare d’armi, uno spezzone
antico.
A cose fatte, ignaro fra le tonache,
mentre marciavo sotto i portici o in cortile,
strizzato nel vestito della cresima,
mi chiedevo stranito: “ Ma perche`
questo ramificarsi, questi alberi
e dita e tutte quelle piume
sul cappello del caporale
del favoloso bersagliere?”

Maurizio Cucchi

Camminavo per il Pantheon
con un po’ di mal di testa
ma ogni faccia che incontravo
mi sembrava una bellezza.
< Sono io che ora ci vedo
o e` la gente che e` cambiata? >
e di corsa mi specchiai
nello specchio di un negozio
casomai fossi all’altezza.
Poi mi giro verso destra
e a due passi ecco la vedo
guardo meglio e non ci credo,
stava ferma in bicicletta
e era riccia, tutta riccia 

Patrizia Cavalli

Su un paesaggio di Milena Barberis

Pare che il Paradiso sia il presente
con i suoi comunque e i pressappoco; e infatti
anche questo tuo malandare
manda chiarore.
Ora ascolti la palla che rimbomba contro un
muro
e mentre il naso ti cola – roba da bambini –
vai gorgogliando qualche suono oscuro.

Tiziano Rossi

Su un paesaggio di Milena Barberis

Quel nero che monta dal basso
non sta nel quadro
ma nell’osservatore.
Sono io la seppia che imbratta
di nero l’immagine dell’autore,
io il peccatore e insieme il ritrattista
che fa di ogni dipinto il proprio specchio.
Sono io l’artista che porta
sull’opera uno sguardo macchiato
e cosi` facendo firma
l’assegno in bianco del proprio peccato

Valerio Magrelli

I prodigi del tempo fanno
miniature delle cose,
le riducono a reliquie,
vedi il plastico in scala
uno o duecentocinquanta
della Roma di Traiano,
A volo d’uccello sorvoliamo
Il complicato giocattolo,
ridiventati bambini;
rincorriamo le bighe,
incitiamo i gladiatori
al Circo Massimo,
alziamo i decibel
trovando rifugio
nell’assordante
rovina sonora

Valentino Zeichen

Caro Dottore che cammina e cammina
come un Walzer ma sano
per la montagna Milano
con dietro una scia
di sogni strampalati
dei Suoi malati
mostri gentili e Dei
passeggiano con Lei
oh beati vorrei camminare anch’io
con il mio Dottore sano
e con Mercurio e gli altri Dei
a Milano

Vivian Lamarque

Perlustro le ultime strade e gli
arenili del gran mare di buio: la notte
una citta` di mare bianca ha per muri
pensieri in forma e lunghi come onde: io
pensiero, io strada, io notte. Non ho piu`
giochi, voglia di ridere, di godere soltanto un
poco, al riparo di una disperazione decorata; le
parole di sopravvivenza cercate e spese, unico
dono: le palme fitte di sogni poi, le
ultime, sul ciglio diseguale del gran mare
di buio: l’amore che non vale a far tornare
i mattini: io cammino, c’e` sempre meno
luce, meno strada: al culmine
della tenebra e delle acque io non ho piu`
giochi, cadono: solo imparo ad attendere
l’ubiquita` dolce e fiorita della
morte

Giuseppe Conte

Nient’altro che la stazione
verso Vanderbilt Av.: mi ha sorpreso
una fresca luce d’acciaio.
nella citta` totale con il suo vetro nero
e le sue guglie. E` l’egoismo
violento dell’Occidente, il suo piu` alto
conato costruttivo.
sia contro o dentro il pensiero disperato

Maurizio Cucchi

Ed e` Milano: silenzio che chiama le cose,
nostro diritto naturale, la stessa sensazione
degli occhi che cercano un’ orbita
finche` un passaggio obbligato tra le macerie
ci porta il battito
oltre l’Idroscalo, all’ombra dei reattori
ci divide in memoria e mandragola
ci sprofonda nel sangue senza musica

Milo De Angelis

 Su un paesaggio di Milena Barberis

La pianura si innalza a parete
da monte a mura dell’architettura.
Le tavole della legge
entrarono in orbita sui secoli
e le mura fuorilegge
assorbono scritte illegali.
Negli scarabocchi graffiti
c’e` un groviglio di geroglifici.
Le mura divennero tavole
illustrate da sgorbi di favole.
Il banale sfarzo estetico
divenne subito patetico
infatti, il fuorilegge
scrive: fesso chi legge.
Gli spray precorsero la scrittura
in pagine e pagine di mura,
la seppe reinventare
l’industria dei colori
inducendo la gioventù`
a sfogare vandaliche virtu`,
preferendo le bombolette
alle puzzolenti bombette.
Fra venti secoli, adesso
sara` duemila anni fa.

Valentino Zeichen

cm.70x70

su un paesaggio di Milena Barberis

Un cielo allucinato sull'Alzaia, chiama la morte
per sentirti piu` viva, chiama il seno
che si spezzo` in primavera, l'intero creato
di una poesia. In ogni stanza, un appello.
L'ora non e` paga di se stessa, domanda l'eta` vera,
un altro sangue che morbido si accese, una parola
che fu intera e ora assedia la testa, ora
fruga tra le macerie, fissa incredula
quella luce sovrumana.

Milo De Angelis

su un paesaggio di Milena Barberis

Eppure
sotto ogni traliccio io vedo
il suo filo d'erba.
Il prato sotterraneo,
di miniera

Vivian Lamarque