Ritratti luminosi risplendono ed emergono da fondi oscuri. Volti femminili di porcellana s’impongono allo sguardo come presenze immobili, mute e inquiete. ……… Tutto, d’altra parte, ha un che di ambiguo, inquietante e magico nelle opere di Milena Barberis, un’artista capace – come scrive Flaminio Gualdoni – di usare “il digitale en peintre, e intendere la pittura en poète”. Ovvero di creare opere dove la pittura si fa fotografia e la fotografia pittura, poesia, in un continuo gioco di slittamenti, appropriazioni e rimandi che le situa in un territorio incerto “tra” le tecniche artistiche. …….Sguardi che ci fanno oscillare tra una un’emozione e l’altra, che ci entrano sottopelle, come se l’autrice, esasperandoli e scavandoli giorno dopo giorno, fosse riuscita a intensificarli, privandoli al contempo di ogni rassicurante riconoscibilità. Inafferrabili e seducenti, simili a “Tessere d’identità” (questo è infatti il titolo di una sua serie) – a rappresentazioni di un’identità tuttavia mancante, come venuta meno a se stessa – tali volti levigati di strane fanciulle sono sottratti a quella relazione con lo spazio prospettico che, sia in pittura sia in fotografia, indica la storia e lo scorrere del tempo. Emergono sconcertanti e intensi da fondi neri impenetrabili e ricordano un po’ i volti delle bambole, un po’ quelli degli esseri mutanti, dalle menti telepatiche, che popolano i racconti di fantascienza. La morte non potrà mai carpire queste giovinette immortali e mai nate. Racchiuse in uno spazio privo di profondità e sostanza, volgono le loro pupille verso di noi e al contempo verso un altrove irraggiungibile, come se non fossero in grado di stabilire con noi una relazione diretta, ma solo traslata, fatta di pensieri e oscure emozioni che ci pervadono e ci toccano nel profondo. Rivolto pensosamente verso l’interno, un simile sguardo pare scandagliare segreti irraggiungibili, che da sempre abitano dentro di noi, ma che sempre dimentichiamo…….. Tratto da Milena Barberis, Sottili tradimenti d’identita` di Gigliola Foschi |
Radiant portraits that gleam and emerge from dark backgrounds. Female faces with porcelain complexions that follow you around. Immobile, mute, uneasy... There is, however, something ambiguous, eerie and magical about the works of Milena Barberis, an artist capable – as Flaminio Gualdoni writes – of using “digital technology en peintre, and understanding painting en poète.” In other words, she creates works of art where paintings become photographs, and photos are paintings and poetry. Constantly drifting, appropriating practices, full of references. The result: an uncertain territory ‘between’ different artistic techniques. …With looks that shake us up, split between one emotion and another, get under our skin, as though the artist has exasperated and dug each detail, day after day, wanting to intensify these, while at the same time depriving them of any reassuring recognisability. Elusive and seductive, like “Identity Cards” (this is, in fact, the title of one of her series). Representations of a ‘missing’ identity with an innate sense of failure. These polished faces of strange girls have no relationship with the underlying perspective space that in painting and photography symbolise history and the passage of time. They emerge, disconcerting and intense, from impenetrable dark backgrounds and look a bit like dolls’ faces, like those mutant beings with telepathic minds that populate science fiction stories. Death can never steal these immortal, never born maidens. Enclosed in a space devoid of depth and substance, they turn their eyes towards us, yet also gaze upon an intangible ‘elsewhere’, almost as if they cannot connect directly with us. A shifted relationship, one made of obscure thoughts and emotions, yet with the power to touch us deeply. Thoughtfully looking inward, hinting at inaccessible secrets, secrets that we all conceal deep within us, but always manage to forget... Extract from Milena Barberis, Sottili tradimenti d’identità by Gigliola Foschi |
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